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Lettere al direttore
del Giornale di Brescia
22 giugno 2021
In ricordo di Umberto e Greta
Mi sono sempre chiesta se quando ci sveglieremo nell’ultimo giorno della nostra vita, ne avremo un qualche sentore. Perché, che l’appuntamento sia fissato, lo sappiamo tutti. Mi aveva molto colpito, anni fa, una tragedia costata la vita a 3 ragazzi usciti di strada con la macchina e alla diciottenne che, 500 metri prima dell’incidente, era scesa dalla vettura per andare a dormire, come se quell’appuntamento non la riguardasse, avevo pensato. Ma, un mese dopo, anche la ragazza moriva distruggendo un’altra famiglia.
Nonostante la fine del corpo fisico sia il passaggio che tutti ci accomuna, penso che sopravvivere alla morte di un figlio sia contro natura.
Di Umberto mi ha sempre colpito lo sguardo, chiaro, intenso, profondo, incorniciato da un viso perfetto e da un corpo atletico. Ma la sua non era solo bellezza fisica. Umberto era bello dentro. Ci parlavi e subito ti colpiva la sua non comune sensibilità e il suo spontaneo interessarsi agli altri, a partire dai suoi familiari; dolcissimo e premuroso con la madre Camilla, rispettoso e sincero con il padre Enzo, affezionato allo zio Carlo, era legatissimo alla sorella Elena e ai tre nipotini Giovanni, Camilla e Umberto, con i quali amava giocare. Preciso e puntuale sul lavoro, se poteva fare un favore non si tirava indietro, come se sentisse che siamo tutti collegati e che, nella giostra dell’esistenza, non c’è differenza alcuna fra il dare e il ricevere, due facce dello stesso amore.
Non riesco ancora a credere che i giovani cuori di Umberto e Greta, domenica, abbiano cessato di battere, e sono attonita di fronte alla voragine di dolore che ha frantumato l’esistenza delle loro famiglie. Non esistono possibili parole per gli amici Enzo e Camilla, genitori di Umberto e nemmeno per Raffaele e Nadia, i genitori di Greta che non conosco personalmente, ma che stringo in un abbraccio silente.
Serbo in me il ricordo degli occhi sorridenti di Umberto, osservo lo sguardo penetrante di Greta e penso a entrambi come a presenze angeliche che, per un breve tratto di vita, hanno arricchito l’esistenza di molte persone e che adesso, angeli custodi di sconfinata bellezza, troveranno il modo di star vicino ai loro cari, perché la morte segna solo il limite agli occhi dei vivi e, nel profondo dei cuori, siamo e saremo sempre tutti collegati.
27 giugno 2016
La differenza? Un’opera d’arte che si può vivere
Un'opera d'arte che si può vivere, è questo che fa la differenza.
Floating Piers è arte che calpesti, che annusi, che… barcolli.
È un nuovo modo di percepire l'acqua e di trasfigurare un’isola.
Un paesaggio diverso che diventerà miraggio quando, fra pochi giorni, non esisterà più e chi non l'avrà visto potrà dubitare del fatto che sia mai esistito. Perché la vita a volte è così. Ti dà qualcosa di reale che vedi, tocchi, respiri poi, in un battito d’ala, non c'è più. Come la morte. E ti guardi indietro e ti chiedi come saresti stato se l'avessi saputo prima.
Adesso lo sai: puoi camminare sulle acque per alcuni giorni e solo quelli saranno.
Cambia qualcosa?
Annuso l'aria che sa di lago, osservo le anatre e penso che per loro ogni istante sia già così, una realtà che esiste nella perfezione del momento. Semplicemente.
Grazie Christo per avermi fatto sperimentare il mutare della natura addomesticata dall'uomo e per aver dato all'uomo la possibilità di godere consapevolmente del presente perché… non serve arrivare alla fine per ricordarsi che ogni minuto la contiene già.
4 aprile 2016
Le porte della vita e quella fragola colta nell’erba
Sono le porte della vita, tesoro mio. Il mio amore di mamma vorrebbe caricarsi sulle spalle quel masso di dolore che ti inchioda il cuore, ma non è possibile, tesoro bello, perché quel peso che stai portando ti sta plasmando. Sei creta nelle mani della vita, gli eventi ti modellano e grazie a loro prendi forma. Funziona così. Per tutti.
Per ogni porta che si serra, un’altra si è già aperta, ma tu non la vedi, quella aperta, perché stai ancora guardando l’altra che si sta chiudendo.
Meno sette ore e poi meno sei e in un attimo meno un minuto e salirai le scalette dell’aereo e sarà pomeriggio e qui mattina, e poi sarà mattina qui e tu scenderai da un’altra scaletta, stravolta nel corpo e nel cuore. E noi saremo lì, ad avvolgerti d’amore. Lo so che le mie parole non possono alleviare il tuo dolore, che stai male perché sei stata profondamente bene. Dovresti essere felice per il sogno vissuto e so che lo sei, ma hai diciassette anni ed è maledettamente duro realizzare che è ora di entrare in un’altra realtà.
È uno strappo forte, questo, ti alzavi alle quattro per andare a vedere l’alba sull’oceano e adesso questa natura l’hai dentro, come hai dentro il morso della tarantola di quella mattina… perché la vita è fatta così: a volte un morso, a volte il sole. Ma ascolta: tu ringrazia sempre e comunque. Ringrazia il ragno che ti ha terrorizzata e il vento che ti ha fatta correre sulla spiaggia, perché solo in questo modo ogni esperienza lascerà in te il frutto che tu potrai cogliere, mangiare e assorbire come nutrimento.
Accetta ogni porta che si chiude, guardala bene e siile grata perché non c’è crescita senza trasformazione. Non temere i cambiamenti, amore, sono un’incognita, ma sono il prezioso destabilizzante strumento che la vita utilizza per smuoverci dalla poltrona e spronarci a camminare. Ed è solo girovagando che possiamo esplorare il mondo, sederci sull’erba e mordere una fragola.
11 gennaio 2016
Una goccia pulita da parte di tutti contro la malvagità
Mia figlia ha dimenticato l’iPhone in un bagno pubblico del centro di un’affollata città australiana. Se ne è accorta mezz’ora dopo. Troppo tardi. Il cellulare era sparito. Siamo andati all’ufficio informazioni del quartiere per tentare l’impossibile e... Il telefono era già stato portato lì.
Ci siamo allora chiesti se un episodio analogo sarebbe potuto succedere anche in Italia. Risposta dei ragazzi all’unisono: no. Risposta mia: sì. Sì se, come disse Madre Teresa, ognuno di noi è una «piccola goccia di acqua pulita».
È davvero tanto difficile? È difficile restituire un resto ricevuto in eccesso? O un portafoglio trovato pieno di banconote? O offrire un caffè ad uno sconosciuto?
No. Non solo non è affatto difficile, ma sono in molti ad agire in tal modo. E più lo si sperimenta più lo si fa dilagare.
Certo, esistono anche le sanguisughe, i parassiti, i malvagi, ma la loro sopravvivenza potrebbe diventare sempre più dura se il mare di acqua pulita si espandesse fino a confinarli in una poccia putrida.
«A cosa serve essere onesti quando i più rubano?». Potrei sussurrare che ognuno i conti li fa con la propria coscienza quando la sera si mette a letto, ma se questa sembra retorica, allora dico che basta agire semplicemente da egoisti. Sì, egoisti, perché tutto torna indietro. Proprio tutto.
È sufficiente diventare attenti osservatori della propria vita per accorgersene.
Il nuovo anno è appena iniziato. Spetta a ognuno di noi decidere se essere acqua pulita o acqua sporca.
Alla fine della nostra vita potremo racchiudere in una mano le decisioni che l’avranno marchiata. A noi la scelta. Le possibilità di far nevicare bellezza sono sconfinate per i cuori liberi di amare.
20 dicembre 2015
Il Natale? Non è una data ma un incontro
Fa paura, talvolta, il Natale, soprattutto quando costringe molti a indossare maschere sorridenti e a vagare per ristoranti e salotti domestici con il telefono incessantemente in mano, nell’attesa che arrivi presto l’ora per andarsene. Momenti gioiosi per definizione che, proprio per questo, cozzano contro la realtà che, a volte, gioiosa non è.
Perché fingere? Perché mascherarsi? Forse perché è più facile.
Ma il giorno di Natale può essere anche vissuto in nome dei sentimenti che nobilitano l’uomo rendendolo degno di essere chiamato tale; è l’ascolto del cuore che fa la differenza e il cuore può corrispondere alla nostra famiglia di origine, ma può anche spaziare, decollare e atterrare dall’altra parte del mondo, per riempirsi di bellezza.
Nessuno di noi è mai solo e vorrei che questo messaggio arrivasse a tutti coloro che, in questi giorni allegri per assioma, si sentono profondamente soli. Dentro. Nessuno di noi lo è. Mai.
E succede allora che Adrian e Kate, una coppia conosciuta da nostra figlia che sta studiando in Australia, sapendo del nostro arrivo, ci inviti a stare da loro, inviti cioè sei persone, cinque delle quali totalmente sconosciute, a vivere nella loro casa. Non solo… Adrian non vuole sentire ragioni e ci verrà a prendere in aeroporto per condurre la nostra vettura in quanto ritiene che, dopo 24 ore di volo, non sia prudente per noi guidare di notte sulla sinistra. Alla mia domanda: «Cosa gradite che vi portiamo dall’Italia?», segue la risposta: «Vi prego di non portare nulla. Natale è sia un tempo per dare, sia un tempo per ricevere ed è per noi fonte di grande piacere darvi il benvenuto in casa nostra (welcome you into our home)».
Questo è il mio Natale, non una data, ma un’emozione: l’amore che non ha confini e che unisce tutti i cuori che vibrano sulla stessa lunghezza d’onda. Natale non è etichetta, maschera, convenienza, Natale è armonia, autenticità, affetto puro, e se tutto questo prende forma in altre case, in altri Paesi, in altri salotti o semplicemente seduti sotto una grande quercia o sulla riva di un lago, è davvero tanto sconveniente?
La tradizione italiana mette la famiglia al centro e così sia, se per famiglia intendiamo il calore, la lealtà, la vicinanza, la complicità, l’unione, la fiducia, la presenza certa che non ci fa mai sentire soli, qualsiasi cosa succeda. Tutto questo esiste, non è detto che coincida con i legami di sangue, ma poco importa.
«L’essenziale è invisibile agli occhi» dice il Piccolo Principe, e l’essenziale altro non è che quella sensazione di pienezza e dolce calore che sperimentiamo quando ci contorniamo di persone che hanno messo il cuore al centro della loro esistenza, persone che si sono spogliate delle maschere per essere a volte fragili, a volte tristi, a volte sorridenti… ma sempre e comunque vere.
24 novembre 2015
VivaVittoria mass media e brutture del mondo
Una catena umana fatta di donne, di uomini, di carriole, di pezze colorate; mani svelte, braccia operose, intima condivisione di una causa unica, semplicemente vera.
VivaVittoria! che ha celebrato il successo del comune intento che non può essere fermato. Piazza Vittoria si è popolata di umanità gioiosa, una catena di sguardi brillanti che ha tappezzato la notte con sogni colorati.
Decine e decine di bresciani hanno cooperato per creare l’installazione grandiosa a forma di DNA, la base fondamentale della vita che trasmette informazioni da una cellula all’altra, da un organismo all’altro.
Sabato notte siamo accorsi in piazza per la gioia di donarci, di fare qualcosa che ci rendesse vivi, che ci piacesse, che ci divertisse e, così facendo, abbiamo onorato l’essenza della vita generando un’onda positiva divenuta sorriso, sciarpe, canzoni, barzellette, senza confini di razza, di ceto, di credo, di cultura, perché i cuori, uniti, sono divenuti un unico battito: il respiro della Terra.
Oggi chiedo a questo giornale che, per tre giorni, la smetta di farci paura dando voce agli orrori umani e che inondi le pagine di bellezza, di pulizia, di esempi di solidarietà: il mondo ne è pieno! Non è solo VivaVittoria di Brescia, anche Parigi, Mosca, Berlino, Bangkok, Miami… pullulano di anime che stanno donando tempo ed energia per migliorare questo pianeta.
Basta dar risalto all’odio e ai suoi effetti distruttivi, basta intimorirci, basta isolarci! Abbia il coraggio, caro Direttore, di infondere positività, voglia di vivere, coraggio, splendore. Ne abbiamo bisogno! Non si tratta di mettere la testa sotto la sabbia, ma di fare una scelta fra la cronaca nera, che assicura un’audience certa, e la cronaca bianca che rischia di far vendere meno, ma che innesca la forza contagiosa e dilagante dell’amore. Perché di amore siamo fatti.
RISPOSTA
VivaVittoria, energia positiva e contagiosa capace di autogenerarsi: l’avevamo intuito, ospitandola sul giornale nei giorni di lavoro della vigilia, e con il trionfo di piazza è arrivata la conferma. Un evento carico di impegno e amore che andava rappresentato, raccontato. Così abbiamo fatto, prima e dopo, perché meritava. Fare un giornale non è scegliere tra cronaca nera e cronaca bianca: è raccontare cosa succede, cosa merita di essere conosciuto, rappresentato, aiutarne l’interpretazione.
Possiamo discutere sulle modalità, semmai, sul linguaggio, ma la notizia è notizia: che piaccia o no. L’amore non può essere alimentato dalla censura, serve consapevolezza che necessariamente deve essere «informata».
Ecco perché non posso raccogliere l’invito ad una astensione preventiva e cieca del «fare cronaca» di ciò che succederà nel mondo (brutture comprese) nei prossimi tre giorni. E non solo perché «fa più rumore un albero che cade che una foresta che cresce».
Posso però impegnarmi a dare sempre maggiore voce e spazio alle tante espressioni di questa foresta rigogliosa e robusta che cresce senza farsi sentire e che in VivaVittoria ha trovato una delle sue espressioni più scenografiche e profonde. (n.v.)
18 novembre 2015
Parigi e la Siria, capire le cause dell’orrore
La Francia sgancia bombe sulla Siria, quest’ultima, in risposta, scatena gli attacchi terroristici su Parigi; François Hollande, in nome della vendetta, comanda ulteriori offensive in Siria le quali, a loro volta, scatenano altra violenza e sia che si tratti di uomini kamikaze o di sofisticate armi radio-elettroniche, l’effetto non cambia e non si differenzia nemmeno più dalla causa.
I media occidentali legittimano da sempre le incursioni belliche in Medio Oriente con paroloni quali lotta al terrorismo, democrazia, solidarietà internazionale. Noi inorridiamo, a ragione, innanzi alle stragi di Parigi, ma non ci indigniamo ugualmente per la carneficina quotidiana che dilaga in Medio Oriente o in Africa.
Forse la morte di un occidentale vale più della morte di un africano o di un siriano? O forse è politically correct ammazzare con l’utilizzo di moderne tecnologie e non lo è altrettanto facendosi esplodere? Si tratta in entrambi i casi dell’assassinio di persone innocenti vittime di giochi di potere orchestrati da una regia astuta e subdolamente perfetta.
La guerra non ha nulla a che fare con gli ideali della democrazia; ci sono solo materie prime da sfruttare, armi da vendere, protesi e medicinali da commercializzare, ed è in nome di questi obiettivi che vengono stabilite a tavolino le stragi necessarie per legittimare gli attacchi utili ad alimentare il business dei padroni del mondo.
Lo sanno tutti che le prime ad aver violato i diritti umanitari e internazionali sono state le potenze occidentali e che il più grave crimine internazionale, il crimine di aggressione, è causa di tutti gli altri crimini.
È l’Occidente che rifornisce di armamenti l’Area mediorientale e nordafricana ed è ovvio che queste armi vadano a foraggiare anche l’Isis, Al Qaeda e gli altri gruppi fondamentalisti.
Quel che è successo a Parigi è tremendo e non è in alcun modo giustificabile, come non sono giustificabili la stragi che le potenze occidentali stanno operando in Siria; si tratta di cause ed effetti che si rincorrono in un cerchio senza fine alla base del quale ci sono giochi politici condotti in nome di interessi economici.
Tutto si svolge secondo i piani, una perfetta strategia che sta dando i risultati voluti. A noi che non siamo nella stanza dei bottoni restano solo da leggere i fatti per quelli che sono; i media fanno leva sulle emozioni che decidono di innescare a seconda dell’obiettivo che i padroni del mondo vogliono raggiungere: devono essere i siriani a fare la parte dei cattivi? Ecco allora il dito puntato su di loro facendo piangere ed indignare noi europei con i fatti di Parigi e facendoci poi sentire legittimati a sganciare bombe sulla Siria, come giusta vendetta per il sangue sparso.
Se invece è il Medio Oriente a voler far apparire noi europei colpevoli, il focus è sui civili siriani quotidianamente ammazzati dalle potenze occidentali, allo scopo di legittimare la vendetta parigina dei kamikaze. Ma come sono arrivate le armi a questi kamikaze? Chi è causa del suo mal...
Continuare a parlare di sangue non fa altro che accrescerlo, ma in fondo è proprio questo che si vuole: alimentare il male perché, dietro il sipario della morte, c’è il dio denaro in nome del quale alcuni piccoli uomini agiscono investiti e annebbiati dal potere di cui hanno bisogno per non percepire il vuoto assoluto che li spacca dentro.
16 settembre 2015
Auguri ad una figlia che è dall’altra parte del globo
E poi succede, hai 17 anni e li compi dall’altra parte del globo. E io sono qui a guardarti crescere, sbocciare, esplorare il mondo… ti vedo sulla spiaggia di Palm Beach con la tavoletta da surf e i lunghi capelli biondi e vorrei essere lì con te, stringerti forte, correre insieme e sederci sulla sabbia a guardare il mare.
Tesoro mio, il mio cuore trabocca di amore, ed è una sensazione infinita, un sentimento puro che non svanirà mai. Tu potrai sempre contare su di me, e non importa quanto saremo lontane, in chilometri o in idee, io per te ci sarò sempre. Sempre. Sempre.
Ieri mi hai detto: «Non torno più». Tesoro, sei libera di vivere dove sceglierai sapendo che, a qualsiasi ora del giorno e della notte, potrai sempre chiamarmi anche solo per un «ciao, avevo voglia di sentire una voce di casa».
Cos’è la casa? È quel luogo intimo che esiste nel nostro cuore, quel luogo speciale dove vivono le persone che amiamo e che ci amano. Non è facile essere madre, nessuno mi ha insegnato come fare, lo apprendo strada facendo da voi ragazzi facendo tanti errori ma, credimi, sempre in buona fede.
Perdonami tesoro per le mie mancanze, per il mio essere quella che sono, a volte sulla luna, a volte su questa terra, per la mia sete insaziabile di conoscere e scrivere la vita, per i miei tentativi di comprendere me stessa.
A volte mi chiedo se in questa mia corsa io non mi sia persa te… e se così è stato torno subito indietro, riprendo il sentiero che ti vede al mio fianco e ti dico: «Tesoro, io ci sono, perdonami se mi sono persa e dimmi sempre quello che vedi, quello che provi, affinché io possa evitare ulteriori errori».
Cosa desiderare per il tuo compleanno? Di gioire di ogni minuto della tua esistenza, di non guardarti mai indietro, di conservare il tuo sorriso, la tua bellezza profonda, la tua forza di volontà il tuo cuore grande.
Io ti auguro una vita strabordante d’amore perché, in definitiva, l’amore è tutto: amore per te stessa, amore per la vita, amore per l’anima gemella che un giorno incontrerai, amore per le lacrime che scolpiranno i tuoi giorni e che ti porteranno sempre avanti. Con il tuo permesso.
Sii te stessa, tesoro, in ogni circostanza; decidi tu, non permettere che altri scelgano al posto tuo. Genitori compresi. Tu e solo tu puoi ascoltarti e, nel profondo, tu e solo tu sai cosa è bene per te. Io ci sarò sempre, per ascoltarti e mai giudicarti: un ascolto puro fatto d’amore.
Ti stringo forte forte forte, con l’immenso bene che ti voglio. Buon compleanno amore mio!
23 ottobre 2014
La borsa rubata e restituita al proprietario
Qualche giorno fa ho trovato una borsa in un parcheggio di San Felice del Benaco; conteneva medicine, un portafoglio con varie carte di credito, una chiave della macchina e altri effetti personali.
Prima di portare la borsa alla stazione dei carabinieri di competenza, ho contattato la banca tedesca che figurava sulla carta di credito e ho chiesto loro di avvertire del ritrovamento il titolare della stessa, un tale Grimm Uwe.
La telefonata del Sig. Grimm non è tardata ad arrivare; nessuna traccia del denaro, ma tutto il resto c’era e ho provveduto, a mie spese e con il beneplacito dei carabinieri, alla spedizione del maltolto, allegando le righe che seguono: «Gent. Sig. Grimm, mi spiace molto che la sua borsa sia stata rubata, ma sono felice di poterle restituire, se non il denaro, almeno gli effetti personali.
È bello non sentirci gli uni separati dagli altri, ma tutti parte di un unico disegno all’interno del quale poterci vicendevolmente aiutare. Nonostante quanto successo sul lago di Garda, mi auguro che lei potrà ancora scegliere il nostro Paese quale meta per le sue vacanze. Un caro saluto».