SALò GIORNALE PARROCCHIALE IL DUOMO INSIEME
LE TRE TELE BIANCHE
A Salò sei arrivato in punta di piedi nel 2000 perché eri in attesa del trapianto di fegato, ti avevano dato poco da vivere e, temendo che l’organo non sarebbe arrivato in tempo utile, non volevi in cuor tuo che i tuoi cari assistessero al tuo patire. Al contempo avevi bisogno di alimentarti quotidianamente del corpo di Cristo cosa che l’appartamento affittato a due passi dal Duomo rendeva possibile anche con le poche forze che ti sostenevano.
Il mattino del 13 luglio 2001 un giorno che, avendo già vissuto molti mesi oltre quelli pronosticati, pensavi prossimo al tuo ritorno al Padre, mentre salivi a fatica dopo la messa i pochi gradini che ti separavano dal tuo alloggio al primo piano di via Duomo 27, squillò il telefono. La voce all’altro capo esclamò: «Abbiamo il fegato. Se la sente di arrivare nel più breve tempo possibile?» «Parto» rispondesti in un tumulto di emozioni. Sorretto dalla preghiera guidasti fino a Milano.
Fu l’inizio di un nuovo capitolo. Comprasti casa e atelier a Soprazzocco di Gavardo dove ti trasferisti insieme alla famiglia e dove, dal tuo pennello, nacquero centinaia di quadri.
A Salò venivi comunque ogni giorno per partecipare alla messa nella chiesa di S. Bernardino e guidare via radio il rosario.
Ti piaceva stare sul Garda perché nessuno ti conosceva e le centinaia di fedeli che nelle chiese italiane e svizzere si mettevano in coda per ricevere, tuo tramite, il “dono del riposo nello spirito”, qui non assediavano le tue giornate lasciandoti così libero di dipingere e di dedicarti a Cristo, presenza viva nel tuo quotidiano.
«Quando ero bambino avevo un compagno di giochi - facesti una pausa e mi guardasti - si chiamava Gesù» mi dissi una volta cambiando poi subito discorso perché, di quel che ti accadeva dentro, non eri solito far trapelare quasi nulla.
Nelle settimane che precedevano la Pasqua non ti chiamavo perché il tuo coinvolgimento nel mistero della passione e risurrezione del Signore richiedeva rispetto. E silenzio.
Quando due anni fa andammo insieme a Medjugorje (dove avevi accompagnato e favorito la conversione di centinaia di pellegrini e organizzato negli anni della guerra in Bosnia-Erzegovina spedizioni di beni per aiutare gli abitanti) per me era la prima volta ma per te, dicesti, l’ultima. Speravo ti sbagliassi. Non ti sbagliavi.
Martedì 3 giugno hai raggiungo la Fonte e nelle ultime settimane le tue parole, che scorrevano come un fiume inarrestabile seppur fossi debolissimo e necessitassi dell’ossigeno, ripetevano l’importanza del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.
Se ti chiedevo come stessi non mi rispondevi perché, quando i respiri si fanno contati, solo l’essenziale conta e la summa del tuo lascito era racchiusa nella Trinità per raffigurare la quale avevi acquistato tre grandi tele.
Mi spiegasti come avevi pensato di dipingerle se la vita te ne avesse dato l’opportunità, ma così non fu. Le tele rimasero bianche, tu ricevesti il premio di una vita santa e io persi la mia bussola spirituale.
Adesso, quando mi sento sola, mi rivolgo al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo perché questa è l’eredità che mi hai donato: non parole, ma il dono di una Presenza viva. Sperimentarlo non è facile ma affidarsi… questo è possibile a tutti.
Grazie Eraldo per averci donato una traccia indelebile d’umiltà, disponibilità e Amore. Amore che fluiva su chiunque accompagnassi da te. Amore che salva. Amore che nutre. Amore che si fa lacrima nel ricordarti. Amore che trasuda dal candore delle tre tele bianche testimoni dell’ultimo quadro, il più importante, quello che richiede solo silenzio.
E il bianco è silenzio. Il bianco è la tua anima candida che torna al Padre e che oggi diventa il mio grazie a te per aver arricchito la mia vita con la tua discreta, potente presenza.
13 settembre 2025
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