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GUSTARE LA VITA FINO ALL'ULTIMO SORSO
A volte ci penso, alla mia ultima volta. Questa potrebbe essere l’ultima volta che scrivo, che riordino la cucina, che passeggio nel bosco, che sorseggio una tazza di tè mentre l’aurora incede profonda.
Mi chiedo: quando sorgerà l’alba del nostro ultimo giorno, ne avremo il sentore? Perché, quando arriverà, quella persona sdraiata nella bara, saremo noi. A parte gli scongiuri che possiamo fare in questo momento, questa non vuole essere una macabra iniezione, ma una celebrazione dell’esistenza.
Il soffermarci sull’ultima volta, infatti, ci porta a vivere con una diversa intensità e a percepire, nella totalità del ‘qui e ora’, il nostro essere gocce di mare uniche che si stanno giocando il dono di questo secondo.
Ricordo da ragazza, quando ero in vacanza e arrivava l’ultima sera; non si voleva mai andare a dormire per gustare, fino all’ultimo sorso, ogni momento di quel mondo fatto di nuovi incontri che, all’indomani, sarebbero sfumati nei chilometri rimanendo talvolta appesi alle lettere tessitrici dei fili dell’amicizia.
È rimasto indelebile in me il profondo sguardo di mio zio Mario quando ci salutammo l’ultima volta. Quel mattino, consapevolmente presenti al frammento di esistenza che abitavamo, l’universo intero si concentrò in quell’attimo che divenne assoluto. Lui non mi aveva mai guardata in quel modo e nemmeno io ero mai stata così presente a un istante che sapevo essere l’ultimo prima del grande volo.
In quello sguardo inabissato di silenzi c’erano tutte le nostre partite di tennis, il mio dritto assassino, le sue inaspettate voleè, ma soprattutto le chiacchierate che concludevano i nostri incontri pieni della voglia di stare insieme propria di chi è vicino di cuore, prima che di sangue.
Non sempre, tuttavia, riceviamo la cartolina del ‘buon viaggio, stai per cambiare abito’ ma, e questa è la buona notizia, abbiamo tutta l’esistenza per prepararci a morire, facendo di ogni spicchio di cielo, un quotidiano inno alla vita.
Sappiamo di avere un numero di respiri e passi contati, e sentirci privilegiati di soggiornare in un corpo che procede “e non s'attarda su ieri (Gibran)”, ci regala il gusto intenso di una buona lettura, di una gran musica, della danza del vento fra le foglie del pioppo, di una mora succosa colta da un rovo e spremuta lentamente fra le labbra.
Ogni pezzo di tempo è un rintocco prezioso e viverne la caducità può spronarci a inneggiare al sapore senza eguali di quest’ora, ma anche indurci a fuggire riempiendoci di cose da fare o spingerci a crogiolare nel tiepidume della rassegnazione. In ogni caso, se lo stare con quello che c’è è inevitabile, il come starci è una scelta personale.
Osservarci di tanto in tanto ci permette di accorgerci di questa scelta che sta costruendo il ricordo che lasceremo: siamo farfalle che disegnano nell’aria una scia leggera affollata di sorrisi, o lumache borbottanti che strisciano a terra tracciando una linea di musi lunghi?
Essere ali colorate o bava appiccicosa è una scelta che compiamo ogni minuto, fino all’ultimo, quando il ricordo diventerà indelebile eredità.
Foto di Margherita Brunelli
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#3settembre2022
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