PIU' CHE MACCHINARI CI SERVE UMANITA'

«Mi dispiace, ma io non voglio fare l'imperatore. Non è il mio mestiere. Non voglio governare né conquistare nessuno. (…) Tutti noi, esseri umani, dovremmo aiutarci sempre, dovremmo godere soltanto della felicità del prossimo, non odiarci e disprezzarci l'un l’altro».

Queste le parole d'esordio del discorso pronunciato da Charlie Chaplin nel film “Il grande dittatore” da lui scritto, prodotto, diretto e interpretato. Uscito negli Stati Uniti durante la seconda guerra mondiale, il lungometraggio fu subito censurato in quasi tutta Europa fino al 1945, quando la guerra finì.

«In questo mondo c'è posto per tutti - continua il protagonista con parole attualissime - La natura è ricca, è sufficiente per tutti noi. La vita può essere felice e magnifica. Ma noi lo abbiamo dimenticato. L'avidità ha avvelenato i nostri cuori, ha precipitato il mondo nell’odio. (…) 

Abbiamo i mezzi per spaziare, ma ci siamo chiusi in noi stessi; la macchina dell'abbondanza ci ha dato povertà; la scienza ci ha trasformato in cinici. (…) Pensiamo troppo e sentiamo poco. Più che macchinari, ci serve umanità. Più che abilità, ci serve bontà e gentilezza. Senza queste qualità, la vita è violenza. (…)

A coloro che mi odono, io dico: non disperate! L'avidità che ci comanda è solamente un male passeggero, l’amarezza di uomini che temono le vie del progresso umano». 

Poi Chaplin parla ai militari, ma sono frasi rivolte a ognuno di noi perché, con dinamiche simili, siamo tutti in servizio nelle trincee dell’esistenza.

«Soldati! - afferma il dittatore Hynkel con veemenza - Non cedete a dei bruti (…) che vi dicono come vivere, cosa fare, cosa dire, cosa pensare! (…) Uomini macchina, con macchine al posto del cervello e del cuore. Voi non siete macchine, voi non siete bestie, siete uomini! Voi avete l'amore dell'umanità nel cuore. (…)

Ricordate, nel Vangelo di S. Luca è scritto: "Il Regno di Dio è nel cuore dell’uomo" (…) di tutti gli uomini! Voi! (…) Combattiamo per liberare il mondo eliminando confini e barriere, eliminando l'avidità, l'odio e l’intolleranza. (…) Soldati, nel nome della democrazia, siate tutti uniti!»

Chaplin parla di unità giacché il motto dividi e conquista (divide et impera) ha sempre trionfato sul turbolento palcoscenico della storia umana; senza la grande illusione di essere separati, infatti, non sarebbe mai esistita guerra alcuna, né personale, né militare.

Ma c’è dell’altro: Chaplin fa pronunciare questo discorso a Charlot, il suo personaggio più famoso, correndo il rischio di snaturarlo, eppure lo fa perché in certe situazioni parlare diventa un impulso irrefrenabile di coerenza proprio della coscienza.

E qui il monito ci arriva dritto addosso per mostrarci come l’esserci talvolta auto-assolti per giusta causa dal coraggio della verità, ha solo protetto la caduta del nostro Charlot, un burattino con il quale ci identifichiamo, ma che non è Chi realmente Siamo.

Le parole eroiche di Chaplin innescano pertanto una riflessione con noi stessi perché, prima o poi, il ‘non detto’ tornerà a trovarci in un’onda di risacca che ci travolgerà non certo per punirci, ma per permetterci di completare l’esperienza ‘mortale’ che non consiste nell’essere uomini macchina, ma uomini cuore.

 
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#30aprile2022
#GiornaleDiBrescia


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