LA GUERRA FUORI E DENTRO DI NOI

«Che ritardo assurdo, ieri, tutta colpa tua» esordisce Andrea alzandosi dalla sedia con la tazzina di caffè in mano.

«Non è vero! Ero già pronta alle 7. Sei tu che ti sei perso via».

« Ho controllato una pratica - lo sguardo di Andrea si infuoca - solo perché ti stavo aspettando».

«E io facevo ordine mentre aspettavo te perché, se non faccio io, questa casa diventa una stalla».

«A me lo dici, che sono l’unico ordinato?»

«Tu? - Anita indossa un sorrisetto sarcastico - Ma fammi il piacere che semini cose ovunque!»

Andrea si carica: «Cosa? Siete voi che mi fate impazzire nascondendomi tutto!»

«Se quando arrivi - punta il dito Anita - invece che mollare le carte sul tavolo, le mettessi a posto, le ritroveresti». L’uomo fa un gestaccio ed esce sbattendo la porta.

Anita si dirige a passi nervosi verso la camera del figlio: «Sveglia!» grida imperiosa spalancando la finestra. Il ragazzo si raggomitola nel letto e, coprendosi la testa con il piumino, borbotta: «Inizio alle 9».

«Appunto! Alzati e vieni ad aiutarmi. Non sono la serva di casa!» Il giovane dà un calcio al gatto che, raggomitolato in fondo al letto, si ritrova sbalzato a terra. 

La giornata di guerra ha inizio con mitragliate di io, io, io con le quali ognuno (tranne il felino) spara giudizi monotematici del tipo: “Se gli altri fossero diversi, sarei in pace”.

Crediamo anche noi in questa favola o abbiamo già sperimentato la provvisorietà degli appagamenti mondani (cioè del mondo)?

Adesso intendiamoci: è chiaro che se siamo in reale pericolo non ci resta che cercare di sopravvivere alle bombe e, in generale, alle sciagure della vita, ma finché non ci troviamo in contesti estremi, possiamo contribuire alla pace del Pianeta anche lavorando dentro di noi, magari iniziando a smettere di attribuire agli altri la colpa della nostra infelicità, ma ricercandola laddove sgorga: nella paura.

È la paura, infatti, la causa primaria di tutti i conflitti e, sia che si manifesti come bisogno di potere o di controllo, di fuga o di attacco, va incontrata e riconosciuta nel nostro intimo.

In questi giorni di bellicosi strazi chiediamoci, oltre a come fornire aiuti materiali ai fratelli ucraini, a come agire dentro di noi per essere pace che zampilla. Un uomo pacificato dentro, invero, non dichiara guerra a nessuno. Cerca giustizia, questo sì, ma non con le armi della guerra. 

Nel messaggio di addio ai suoi discepoli, Gesù disse: “Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore” (Gv 14:27). La pace di cui parla Gesù non è quella mutevole “come la dà il mondo”, ma quella stabile e piena della Sua Presenza portatrice della Consapevolezza di Chi Siamo.

E se Gesù ci ricordasse di non avere paura anche perché è dalla conoscenza delle nostre fragilità che possiamo partire alla volta del nuovo cielo e della nuova terra descritti da San Giovanni nell’Apocalisse?

Rimbocchiamoci le maniche, dunque, in questi giorni bui di guerra fuori e dentro di noi e manifestiamo la luce che Siamo, irradiando pace.

Perché donare agli altri ciò che non Siamo è, purtroppo o per fortuna, impossibile.

 ACQUISTA IL LIBRO DEGLI ARTICOLI (€ 9)

AUDIO ARTICOLO

 

 

#12marzo2022
#GiornaleDiBrescia


LEGGI GLI ALTRI ARTICOLI