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QUAL È LA DIFFERENZA TRA "MI PIACI" E "TI AMO"? 

A 30 anni Aldo non sa ancora cosa fare della propria vita, e nemmeno lo vuole sapere. Ha frequentato la facoltà di giurisprudenza preparandosi con scrupolo ad ogni esame, ma non riuscendo mai a sostenerne uno giacché, il giorno della prova, veniva sopraffatto dal panico e non si presentava.

Passato quel momento, iniziava a studiare un’altra materia e così via, per sei anni. Un avvocato, amico di famiglia, lo invitò a fare pratica nel suo studio. Aldo accettò e, grazie alla sua preparazione, si ritrovò via via ad occuparsi di cause sempre più importanti. Fino al giorno del colloquio.

Quella mattina l’avvocato lo convocò nel suo studio: «Aldo, è un anno e mezzo che fai praticantato qui ma, adesso, sei un avvocato a tutti gli effetti. E di quelli in gamba. Sarei felice di averti con me a tempo indeterminato». Il volto di Aldo si illuminò in un sorriso. L’uomo continuò: «Però devi laurearti. Con la preparazione che hai, puoi sostenere gli esami a tempo record e, se vuoi, nel frattempo, puoi continuare a collaborare con noi».

Aldo ringraziò per la proposta e disse che ci avrebbe pensato. Da quel giorno non si presentò più allo studio ed evitò di rispondere alle telefonate dell’avvocato.

I suoi genitori non lo spronarono a prendere una decisione, semplicemente non ne parlarono più e l’argomento finì sotto censura.

A nulla valse l’insistenza degli amici tanto con il ragazzo, quanto con i suoi genitori, perché sempre c’era una scusa che legittimava l’immobilismo di quella situazione:

Aldo che doveva risolvere i suoi disturbi di gastrite, Aldo che doveva accompagnare la madre da una terapista, Aldo che doveva assistere il padre in talune pratiche burocratiche, e così via. 

Quel “ménage à trois” era un circuito chiuso con una sua logica di comodità sia per i genitori che avevano, oltre alla compagnia del figlio, anche un cuscinetto che attutiva le loro annose discussioni, sia per il ragazzo che non vedeva più le sbarre della gabbia nella quale era stato rinchiuso e, abituato a quel modo di vivere apparentemente libero, si sentiva a suo agio e protetto dai pericoli esterni fatti di professori severi e capi ufficio esigenti.

Perché mai cambiare?

La risposta a quella domanda investì la famiglia una domenica pomeriggio per bocca di una ragazza che si era innamorata di Aldo e che, al termine di una sterile conversazione con gli improbabili futuri suoceri, esasperata esclamò: «Lui non è la vostra dama di compagnia, lasciatelo libero

«Nostro figlio è sempre stato libero» rispose l’inconsapevolezza materna. 

«Non è vero! Oltre a disporre di lui, ne avete bisogno perché da soli non sapete stare - urlò rossa in viso - e questo non è amore, ma possesso! Chi ama dà. Chi possiede prende».

«Nostro figlio farebbe bene a scegliersi compagnie più educate» commentò il padre mettendo l’accento sulla parola “nostro”.

Con occhi lucidi la ragazza osservò Aldo che per tutto il tempo era rimasto muto, e concluse: «Un giorno fu chiesto al Buddha: “Qual è la differenza tra “Mi piaci” e “Ti amo”?

Il Buddha rispose: quando ti piace un fiore, lo prendi. Quando ami un fiore, lo innaffi tutto il giorno. Chi comprende questo, capisce la vita”». Detto questo la giovane si alzò e porse la mano ad Aldo. Ma questi non si mosse.

  

 

#9ottobre2021
#GiornaleDiBrescia


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