MANCA SEMPRE QUALCOSA. PER NOSTRA FORTUNA.

Mi capita spesso di imbattermi in persone che, seppur molto diverse fra loro, sono accomunate dal medesimo smarrimento del non riuscire a trovare il senso della vita, quel senso che esiste e che attende il nostro permesso per svelarcisi.

Agata è passata dal ruolo di manager nella capitale, al silenzio di una tenuta nella campagna laziale; mi racconta della sua felicità e del privilegio d’essere padrona del proprio tempo, ma i suoi occhi trasudano pena.

E che dire di Sergio, triste perché non riesce a superare la morte del padre, suo unico punto di riferimento? Di Marina che corre per arrivare dappertutto e lamenta la mancanza di spazio per sé?

Di Ciro che trova sollievo bevendo? Di Livia che rincorre la serenità frequentando corsi su corsi? Di Mattia che sta male perché non riesce ad andare in pensione, e di Antonio che ci è riuscito e ora si annoia?

Il disagio latente avvolge chi cerca il proprio star bene all’esterno di sé, come se figli, amici, partner, vacanze, oggetti, professioni, case… avessero mai riempito il vuoto che abita le profondità umane.

Non abbiamo già tutti sperimentato che non appena realizziamo un desiderio, abbiamo subito bisogno di crearcene un altro? «È così - dice Livia - quelli sono contentini illusori che nel tempo svaniscono. La felicità è dentro di noi».

Livia lo sa e questo è il suo ostacolo più grande, perché quando il nostro cervello sa, o pensa di sapere, ci si sente arrivati e non ci si interroga più. Ma arrivati dove? Le conoscenze mentali o l’erudizione filosofica non sortiscono alcun cambiamento nel nostro stato d’animo, se non scendono a livello di pancia, diventando un tutt’uno con noi.

Mi chiedo: se lo smarrimento che dilaga, fosse un prezioso aiuto per comprendere che quanto stiamo inseguendo (e che a tratti ci appaga) è solo schiuma?

Immagino ogni uomo con un boccale vuoto in mano. Gliel’hanno consegnato quando è nato e lui, o lei, gira il mondo alla ricerca del liquido che potrà riempirlo: viaggia, acquista di tutto, si distrae in mille modi. Non appena soddisfa un desiderio, il boccale è pieno e si sente appagato; va a dormire con il sorriso sul volto.

Il mattino, al risveglio, si sente triste e non capisce perché. Guarda il boccale: è vuoto. È vuoto perché era solo schiuma, schiuma di birra, un’illusione di pienezza. Eccolo allora ripartire e girovagare inquieto alla ricerca di altre cose, ma è tutta schiuma. Solo schiuma” (Tratto dal mio romanzo “Dentro le Scarpe”).

Il liquido denso, corposo, dissetante che non svanisce, e che riempie in modo sostanziale il nostro boccale, esiste: è il senso dell’esistenza.

Le vie per trovarlo sono molteplici, diverse per ognuno. A noi piccole formiche mascherate da individui, viene chiesto solo di toglierci di mezzo, per lasciar fare alla fantasia dell’Universo che crea le condizioni per farci scoprire l’Essere che siamo.

Rilassiamoci, quindi, e soprattutto fidiamoci. Ma fidiamoci sul serio perché tutto ha un senso, soprattutto quel disagio prezioso che ci fa sentire mancanti di qualcosa, e che ci sprona a muoverci alla ricerca della cascata della gioia.

Perché come è impossibile dissetarci con un boccale di schiuma, è altrettanto impossibile trovare il senso di tutto, senza trovare la gioia del Tutto. Prosit!

 
#14agosto2021
#GiornaleDiBrescia


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