NOI, CHE ALLO SCOGLIO URLIAMO "SPOSTATI"

Gli scogli sono ruvidi e affilati, mi siedo cercando di adattarmi alla loro conformazione spigolosa. Osservo l’acqua del mare che ripetutamente si infrange contro la roccia e ben presto mi dimentico della mia seduta scomoda perché qualcosa di grande si sta consumando davanti ai miei occhi: le onde continuano ad arrivare a riva, a schiantarsi sulla pietra e a non farsi male.

Mi chiedo che differenza ci sia fra loro e meNon sono fatta anch’io per lo più di acqua? Cosa mi sta dicendo questa schiuma che dopo aver sbuffato contro la costa, si nebulizza fino ad accarezzarmi il sorriso? 

Guardo gli scogli che ho incontrato vivendo, osservo le fratture interiori che mi hanno provocato, ed è lì che capisco cosa mi ha fatto davvero male; non sono state le persone impregnate di egoismo a rompermi dentro, e nemmeno i comportamenti inconsapevoli di uomini e donne accecati dalle illusioni del mondo, ma il non essermi fatta acqua.

Ogni volta che ho opposto resistenza alla meschinità che mi investiva, è stata la mia rigidità a ferirmi, del tutto inutile, fra l’altro, dal momento che la mia non accettazione non avrebbe modificato la scena già andata in onda sul palcoscenico del mondo.

L’acqua davanti a me, invece, accoglie e avvolge lo scoglio, non lo vorrebbe diverso, nell’avvicinarsi non gli ordina “Spostati!”, lei semplicemente arriva e sia che trovi pietre aguzze, sia che penetri negli anfratti della roccia, l’acqua fa solo l’acqua onorando l’esistenza così come le si presenta.

Forse l’acqua è dentro di noi per insegnarci ad essere come lei, perché per quanto pungenti siano state le sofferenze che ci hanno trafitto, l’acqua non ha mai smesso di giungere a riva; mentre ci ribellavamo, l’acqua abbracciava le barche nei porti, mentre piangevamo, l’acqua inondava la roccia di schiuma, mentre ci arrabbiavamo, l’acqua lambiva la sabbia adattandosi naturalmente ad ogni forma.

Ma se siamo corpi composti da una massa che percepiamo come peso, ma che di fatto è formata da vortici di energia, possiamo, al pari dell’acqua, assumere e accogliere ogni forma e smettere di fare di testa nostra urlando agli scogli “Spostati!”?

E se non solo noi, ma l’universo intero è fatto da “reti di energia vibratoria che emergono da qualcosa di ancora più profondo e sottile”, come affermò il fisico tedesco Werner Heisenberg che nel 1932 ricevette il Premio Nobel per la fisica "per la creazione della meccanica quantistica”, non è che siamo qui per stabilire un contatto cosciente con questa energia che è fuori e dentro di noi, un po’ come l’acqua?

Farsi acqua per adattarsi alla forma degli eventi nei quali incappiamo, potrebbe non essere la via della rassegnazione, ma della consapevolezza che ci avvicina, onda su onda, all’essenza “profonda e sottile” di Chi siamo.

Non siamo forse nati per questo?

L’acqua non sembra aver bisogno di ricordarselo. 

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21 novembre 2020
#GiornaleDiBrescia

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