TROPPO BREVE LA VITA PER SPRECARLA IN RIMPIANTI

È una donna luminosa, Rita; ha figli sani, nipotini affettuosi, una professione di soddisfazione, una casa confortevole e amicizie autentiche. Eppure non è felice. Un tarlo profondo la consuma dentro: è un senso di colpa.

Mi chiedo: perché è così difficile liberarsi dal giudizio di avere fallito o di non essere stati abbastanza bravi? Potrebbe essere così arduo perché ciò da cui vorremmo affrancarci, non esiste?

Rita e Gianni erano ventenni quando si sono sposati e il loro matrimonio non ha funzionato. Nonostante ora siano divorziati e conducano una vita apparentemente senza problemi particolari, sia lei, sia lui, convivono con il tormento dell’errore che li avvolge con una massa informe di pensieri:

Non sono riuscita a dare un papà decente ai miei bambini”, “Non sono stato un padre all’altezza delle aspettative”, “Non ho capito che era troppo immaturo per avere figli”, “Non mi sono divertito quando ero ragazzo, cosa c’è di male se recupero il tempo perduto?”

Un groviglio mentale tiene in scacco i due cinquantenni e, mentre il tempo passa, i loro crucci interiori non sembrano tramontare. Rita giudica se stessa come madre fallita, Gianni critica gli altri per sentirsi migliore, i ragazzi condannano i genitori: il padre per avere anteposto i propri desideri a loro, Rita per non essere riuscita a tenersi un uomo.

In questa catena di sentenze che rimbalzano di genitore in figlio, in un interminabile incontro di tennis nel quale la palla non esce mai di campo, stanno tutti male, come se ognuno fosse colpevole di qualcosa; e se tutti quanti, invece che infierire sulle colpe, iniziassero a vedere inevitabili cause dalle quali sono scaturite ineluttabili conseguenze?

Potrebbe, questo, essere un modo per smettere di rimuginare sul passato, e inforcare le redini del presente, e di sé?

Rita ce l’ha fatta e ha trovato pace; ha deposto il metro con il quale giudicava l’ex e, fra l’altro, ha constatato di non avere nulla da perdonarsi e da perdonare essendosi, sia lei, sia Gianni, comportati nell’unico modo a loro possibile.

«Finché non si matura spiritualmente - afferma con tono pacato - non si agisce in modo conscio, ma si re-agisce istintivamente a quel che accade.

Questo non è né bene, né male, è la realtà di quando si è immaturi. Un giorno mi sono detta: che faccio, me la prendo con due bambini che, in una stanza priva di luce, hanno mandato in frantumi un vaso, inciampando in un tappeto?»

È magnifico vedere le persone che lasciano andare il peso della colpa propria e altrui, perché fanno star meglio tutti. È come se, nel soggiorno dell’esistenza, d’un tratto si accendesse una lampadina e, alla luce dalla consapevolezza, fosse tutto chiaro.

Niente vittime. Niente carnefici. Niente giudizi.

Solo persone che indossano un corpo e una mente per fare esperienza di una vita che, trascorsa al buio dormendo, è un problema da risolvere, ma danzata a occhi aperti in pieno sole, è un dono da scartare.

Che bellezza realizzare che per-dono veniamo al mondo, che per-donando ci regaliamo il diritto di essere felici e che, scrive Harvey Mackay in una bellissima poesia, “la vita è troppo breve per svegliarsi la mattina con dei rimpianti”!

  
#8maggio2021
#GiornaleDiBrescia


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