DAR VOCE ALLA PROPRIA VERSIONE DI SÈ
«Proviamo a vedere alcune ‘cose’ in chiave prosaica e poetica - racconta Stefano Piroddi che, ad un gruppo di ragazzini, aveva chiesto di cercare sul web la parola ‘stella’ - I ragazzi lessero: “Agglomerati di gas che…”.
Questa è la definizione scientifica, ma quando rivolsero il quesito a Confucio, costui disse: Le stelle? Fori nel cielo attraverso i quali filtra la luce dell’infinito».
Lo scrittore cagliaritano aveva in seguito posto loro la stessa domanda in riferimento alla parola ‘rugiada che sul web veniva descritta come “una precipitazione atmosferica in forma liquida che…” e che Jim Morrison, musicista poeta, «definì: Le lacrime di gioia di un fiore al risveglio del mattino».
Notando che le definizioni poetiche avevano emozionato i ragazzi, Stefano aveva concluso:
«Ecco come si governa l’invisibile, andando a trovare e valorizzare il lato poetico dell’esistenza che, dal più piccolo ciuffo d'erba alla più grande e importante delle stelle dell’universo, ha in sé un lato materiale esprimibile in termini prosaici e un lato spirituale esprimibile solo in termini poetici.
La spiritualità non è la religione, ma la poesia con cui definisci te stesso in rapporto all'essenza poetica di ciò con cui ti relazioni».
Ascoltando Piroddi, fondatore de “La Città degli Dei”, un progetto culturale che promuove una visione del mondo e della vita alternativa allo scientismo-materialismo della società contemporanea, mi sono chiesta come definiremmo noi l’essere umano.
Mentre sul web leggo: “Homo sapiens è la definizione tassonomica dell'essere umano moderno. Appartiene (…) alla famiglia degli ominidi e all'ordine dei primati”, io mi sento un cuore che batte i suoi rintocchi su di un campo fiorito di sentimenti ed emozioni che danzano, fra steli nuvole e sorrisi, il loro grazie alla vita.
Essenza poetica, questo siamo noi prima di tutto, prima ancora di essere sezionati e vivisezionati dalla scienza che è utilissima quando non si impone come unica chiave di lettura della realtà.
Domanda: oltre all’Homo sapiens, chi sono io? A ognuno il piacere di dar voce alla propria versione di sé, quella che non può essere pensata, quella che ci sgorga dentro quando la mente si cheta e la delicatezza che ci abita affiora, quella che solo la nostra ritrovata creatività, punto di partenza per riappropriarci del nostro essere creatori e non meri esecutori di ordini consci e inconsci, permette.
E la vita?
Pavarotti nel suo ‘Buongiorno a te’ la canta come "una festa con mille invitati un po’ belli un po’ odiati con cui ballerai”, mentre per la scienza è “l'insieme delle caratteristiche degli esseri viventi che manifestano processi biologici come l'omeostasi, il metabolismo, la riproduzione e l’evoluzione”.
Festa o processo biologico che sia, lei, la vita, ci chiede a ogni passo di scegliere su quale livello vogliamo giocarci la partita: mente o cuore? Apparenza o essenza? Scienza o co-scienza?
Siamo artisti di noi stessi che, in base a chi siamo veramente, decidiamo ogni giorno se imboccare la strada della materia (o della paura), dello spirito (o dell'amore) o quella che sta tra le due. In quest’ultimo caso occhio agli incidenti! Le vie di mezzo sono sempre affollate da coloro che non scelgono mai.
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