COME NON ROTOLARE NEL BARATRO DELL'ORMAI

Di Giancarlo sono gli occhi che mi restano dentro. Vivaci, limpidi, gioiosi.

Lo incontro in una magnifica conca della Valvestino che sembra sbucare dai boschi come si sbuca da una fiaba. La cascina di pietra dove il giovane abita è circondata da boschi e prati cosparsi di fiori. La scritta “benvenuti” campeggia sul cancello. La pace è totale. 

Con Giancarlo c’è Silvio, un bel vecchio, sguardo fiero, parole misurate all’essenziale, dignitosa serenità.

La storia.

Nel 2010 Silvio aveva 78 anni e abitava in questo sogno, che dista dal lago di Garda un’ora di auto e due ore di cammino, in compagnia di cavalli, capre, galline, conigli, cani e gatti.

Un giorno Giancarlo, partito da Calvisano con un amico, raggiunse per caso la conca. Il ragazzo, attratto da quel luogo, ne diventò un assiduo frequentatore, imparò a fare i formaggi e, quattro anni dopo, lasciò l’impiego di postino nella bassa per trasferirsi a casa di Silvio.

Sei primavere più tardi, nel 2020, transitò dalla conca Alice che, entusiasta del posto, chiese all’anziano di poter abitare lì. Detto fatto Alice, tecnico di un’azienda di Carpi, ottenuto lo smart working e fatta installare sulla cascina un’antenna wifi alimentata da un pannello solare, traslocò. 

Giancarlo e Alice si innamorarono e due anni dopo la conca fu rallegrata dai vagiti di una bambina; per il nucleo rurale di Droane, che conta con l’ultima nata quattro residenti, fu un evento che non succedeva da 70 anni.

Osservando nonno Silvio rifletto su chi, invecchiando, permette che a scegliere come vivere l’età d’oro della propria vita sia il fermo proposito di godersi al meglio il tempo che resta e non la paura di futuri problemi di salute;

al contrario, coloro che sentono come priorità l’abitare vicino a una farmacia, non sono guidati dal gusto pieno della vita (come recitava la pubblicità dell’amaro Averna), ma dalla paura di ammalarsi che li tiene lontani dall’amata finestra sui monti o dal profumo salmastro nelle narici. 

Il risultato, purtroppo, è che scegliere per paura ci porta inesorabilmente a rotolare nel baratro dell’ormai. In nostro soccorso accorreranno incidenti e malattie che ci avviseranno del rischio che corriamo quando non agiamo in accordo con il nostro sentire, ma noi diremo: “Meno male non abito più sui monti sennò che guaio!”.

Non ci sfiora nemmeno l’idea che avremmo potuto anche non ammalarci? 

Perché i medici, oltre che aiutarci a eliminare i sintomi (tacitando i messaggi che ci pulsano nelle vene), non ci aiutano a comprenderli, prima che sia troppo tardi, chiedendoci cosa c’è nella nostra vita che ci rende tristi, arrabbiati, timorosi?

Guardo nonno Silvio che oggi scalda i 92 anni delle sue ossa alla stufa economica della cascina (che a breve vedrà appeso un secondo fiocco rosa) e mi chiedo: le nostre scelte originano da paure del futuro e sensi di colpa del passato, o dall’anelito profondo di un presente felice? 

Ci fidiamo dei messaggi e dei messaggeri che cercano di svegliarci dal sonno o li respingiamo con la spranga della paura? 

È ora di preparare il cartello da appendere al nostro cuore, non solo perché ce lo meritiamo, ma perché fra un “benvenuti" e un “mi fido della vita” c’è solo lo spazio di un sorriso.

 

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