CONTARE LE PECORE O PARLARE COL PASTORE

Sono attratta dalla donna seduta sulla panchina del lungolago. L’espressione del suo viso è serafica. Ha una mano in tasca e osserva un gelsomino fiorito intrecciato ad un tralcio di rose gialle.

Prendo posto sull’altro lato della panchina. Scorrono lenti alcuni minuti, alla fine volgo lo sguardo verso di lei sperando non se ne accorga. Se ne accorge e subito mi saluta.

«Ha sentito che profumo?» dice. 

Certo che l’ho sentito, sto respirando anch’io quell’effluvio delizioso, ma è la sua serenità che più di ogni altra cosa respiro e, racconta di qui, racconta di là, alla fine confesso:

«Lei emana una sconfinata pace. È per questo che mi sono avvicinata. Sulle prime non capivo cosa fosse ma poi qui, seduta in silenzio vicino a lei, ho colto un benessere profondo e mi sono chiesta: c’è una strada che porta a questa pace o è una condizione personale sua da sempre?» 

Per nulla colpita dalla mia domanda, Mara mi racconta della sua esistenza «finché, nel giorno del mio 60esimo compleanno, un monaco mi ha mostrato questo - Mara apre la borsa, estrae un metro da sarta e lo srotola sulla panchina - da allora lo porto sempre con me come simbolo della svolta».

Il mio sguardo interrogativo la induce a procedere. «Il religioso con i sandali di cuoio non mi ha chiesto quanti anni avevo, ma quanti centimetri di vita mi restavano: “25? 30? E… - prendendo in mano l’ultimo pezzetto di metro, mi ha domandato - l’hai trovato il tesoro?”

L’ho guardato perplessa e lui: “Il tesoro è la fonte della gioia e della pace”.

Ho scosso il capo. Il monaco mi ha parlato dell’importanza del coltivare l’amicizia con il divino. Gli ho detto che, a parte andare qualche volta a messa, non avevo fatto altro. “Quando hai un amico che fai? Lo frequenti, ci parli, ti confidi? Con Gesù è la stessa cosa”.

Molte altre parole mi sono piovute addosso, quel giorno, scuotendomi dal torpore di un ritmo di vita fatto di materia più che di spirito. Lui ha continuato: “Vuoi andare in Cina? O impari il cinese o lì non ti capiranno. Applicarsi non è facile, devi volerlo, ma è solo imparando quella lingua che raggiungerai la meta.

Lo stesso vale per la preghiera, è lei lo strumento che ti può condurre alla sorgente della gioia. Kierkegaard scriveva: “Gli antichi dicevano che pregare è respirare. Qui si vede quanto sia sciocco voler parlare di un “perché”. Perché io respiro? Perché altrimenti morirei. Così la preghiera.”.

A quel punto Mara tira fuori dalla tasca una collana del rosario e sorridendo conclude: «Il mio segreto è questo». Non dice altro. Nonostante i drammi vissuti e le difficoltà contingenti, la sua pace contiene già tutte le risposte.

Penso a Gandhi, senza preghiera afferma che sarebbe impazzito e, nonostante tutte le prove, grazie alla preghiera non ha perso la pace dell’anima perché “questa pace viene dalla preghiera. Si può vivere alcuni giorni senza mangiare, ma non si può vivere nemmeno un giorno senza pregare. La preghiera è la chiave del mattino e il chiavistello della sera”.

E se fosse davvero così? Per scoprirlo, quando di notte non riusciamo a dormire, invece che contare le pecore possiamo sempre aprire il cuore e iniziare a parlare con il Pastore.

 

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