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LA PACE DI CHI È SFIORATO DALLA CAREZZA DI DIO
Mi sono seriamente interrogata sul senso della vita, il giorno della nascita della mia primogenita; mentre ammiravo quel tenero miracolo sorridendo alle lacrime di gioia che sgorgavano da profondità a me sconosciute, successe un imprevisto che percepii come un ammasso di paure spaventose che mi rotolavano addosso: ora che l’amore sublime aveva bussato alla mia porta, cosa sarebbe successo se l’avessi perso? Sarei sopravvissuta?
La valanga delle angosce mi tormentava, dovevo uscire da quell’impasse, ma per farcela mi serviva Qualcuno che mi conducesse oltre i limiti terreni, per mostrarmi la vita eterna e l’illusorietà del morire umano.
E quel qualcuno arrivò e non fu di certo come me l’ero immaginato io.
Si chiamava Stefan, era giovane, aveva 3 bimbi e, con a fianco la moglie Milena, aveva raggiunto tutti gli obiettivi umanamente desiderabili quali successo, potere, amore, famiglia, dedizione verso il prossimo. Poi, nel bel mezzo della felice corsa, Stefan era stato stroncato da una diagnosi mortale.
In quell’inchiodata obbligata di vita succedeva, tuttavia, una cosa strana: lui e Milena accettavano la malattia con la serenità di chi si fida della Vita mentre io, che ero solo un’amica, non ce la facevo.
Così, mentre Stefan scherzava con sua moglie su come comunicare una volta valicata la Grande Porta, e io pensavo di trovarmi in una casa di pazzi, era già in viaggio una lettera-faro che mi avrebbe indicato la strada da percorrere per valicare i confini del mondo.
Milena aprì la busta la sera in cui Stefan chiuse gli occhi e lesse:
“Durante la mia malattia ho cercato di tutto. Sono passato dalla preghiera a Dio e ai santi, alla pranoterapia, alla chemio-, alla radio-, alla chirurgia. A tutti affidavo la speranza del miracolo della guarigione.
Il più onesto è stato Dio, mandava sempre e solo coraggio e serenità. Dio, si vede, non ha bisogno di spiegare, di dimostrare. Ha creato un mondo che comprende la malattia, la malformazione, la morte.
E per morte intendo solo il distacco da una creazione a dir poco affascinante dalla quale ci dobbiamo separare proprio mentre la stiamo gustando al massimo. Esattamente l’opposto di quello che facciamo: troviamo una persona eccezionale, ce ne innamoriamo e la leghiamo a noi con un patto per la vita.
Troviamo un lavoro entusiasmante e via che ci tuffiamo. Passiamo i nostri giorni a cercare le cose più belle, più buone, più gustose e, quando le troviamo, ci rallegriamo.
Può Dio rovinarci tutto questo o aver escogitato l’inganno più totale per la fine dei nostri giorni? No, non un Dio che è Padre.
E allora la conclusione è semplice: se possedere ci dà una tale gioia, arriva il momento di possedere qualcosa di massimo per il quale vale la pena di lasciare tutto, talmente tutto che anche il matrimonio - la forma più alta di amore fra due persone - viene sciolto.
Gioite con me, dunque. Magari, passato qualche tempo, sarei felice se il giorno del mio personale incontro con Dio, lo trasformaste in una piccola festa.
Saremo così finalmente in grado di saltare da una medievale tristezza, al vero regno di Dio (…)”.
Milena arrotolò il foglio e mi guardò. Nelle mie lacrime c’erano dolore, ma non disperazione, e pace. La pace di chi è appena stato sfiorato dalla carezza di Dio.
#30 gennaio 2021
#GiornaleDiBrescia