VIVERE OGNI GIORNO COME UN MIRACOLO

Ci sono storie che lasciano un segno e quanto è realmente accaduto in Texas una decina di anni fa alla famiglia Beam, raccontato nel film “Miracoli dal cielo”, è un dono per noi che talvolta fatichiamo a cogliere le mille sfaccettature dell’amore che ci avvolge.

La storia: la piccola Annabel Beam ha 10 anni quando si ammala di una patologia intestinale incurabile che la costringe a vivere preda del dolore e alimentata con il sondino.

La bimba confessa alla madre di voler morire. Inaccettabile per Christi perderla, ma insopportabile anche vederla soffrire e scivolare comunque verso la fine. 

Annabel viene portata a casa perché i medici non possono più fare niente per lei ed è proprio lì che succede il fatto. 

La bimba, aiutata dalla sorella maggiore, sale su di un vecchio albero secco, un ramo si crepa e lei precipita all’interno del tronco cavo. Estratta dopo qualche ora dai pompieri, la bimba respira ancora e, portata in ospedale con l’elicottero, risulta non avere fratture, emorragie interne e nemmeno contusioni. 

Ha colpito il terreno con la testa da un’altezza di 9 metri e ne è uscita illesa. Il dottore è incredulo. Non è tutto: la bimba è anche guarita dalla malattia. 

«Quando sono caduta è diventato tutto nero e sono uscita dal mio corpo - confida Annabel ai genitori - è stata una cosa strana perché vedevo il mio corpo, ma non ci stavo dentro. Poi mi sono trovata in un prato pieno di alberi, fiori, farfalle e uccelli trasparenti. Mi sentivo al sicuro. Ho visto una luce e…»

«Vuoi dirmi che hai parlato con Dio?» chiede la madre.

«Sì. Io volevo restare lì, ma Lui ha detto che dovevo tornare e che sarei guarita».

Annabel conclude: «Ci sarà chi non mi crederà, ma non importa. Anche loro ci arriveranno». È così: anche noi, prima o poi, ci arriveremo, che ci crediamo o no. 

Nel film brillano le parole di Christi che, dopo aver raccontato lo sconforto, l’impotenza di fronte alla sofferenza della figlia, la rabbia e la perdita della fede che impedisce di vedere i fatti straordinari che di continuo si manifestano, conclude: «Adesso so di non essere sola e sono qui per ricordarvi che, qualunque cosa possa succedervi, neanche voi lo siete».

Nella storia di Annabel c’è un luminare che testimonia la guarigione inspiegabile della piccola e, nonostante la conferma scientifica, facciamo ancora fatica a credere in eventi di questo genere.

Perché, parafrasando Einstein, invece di vivere come se niente fosse un miracolo, non proviamo a vedere lo straordinario ovunque? 

C’è una scena in cui la madre, aggrappata all’albero mentre stanno estraendo la figlioletta dal tronco, recita un disperato ‘Padre Nostro’. Quelle mani sulla corteccia le ho sentite mie. Nostre.

Spegniamo la mente, smettiamola di voler spiegare misteri insondabili per la logica umana e spalanchiamo il nostro cuore. La famiglia Beam esiste davvero, la si incontra alla fine del film perché la fede non sia una speranza, ma una certezza. 

Capisco non sia facie carpire i piccoli miracoli nei quali incappiamo quotidianamente, ma è solo imparando a vedere tra le pieghe dell’esistenza che ci avviciniamo all’invisibile. Ed è solo aprendoci all’invisibile che ci si aprono le porte dell’impossibile.

 

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#29aprile2023
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